«Non
scorderò mai come venni in possesso di questa pergamena» esclamò
improvvisamente Ahsdì, mentre stavano attraversando gli scaffali per uscire
dalla zona segreta della biblioteca.
«Quale
pergamena?!» borbottò dubbiosa Tala.
«Questa!»
disse Ahsdì mentre la prendeva dallo scaffale. «E’ antichissima. Il capo della tribù di Kew-Akon
me la donò in segno di amicizia e di coraggio».
«Di
coraggio?»
«Che
fai prendi in giro un vecchietto?» disse sorridendo. «Ora ti racconto…»
Qualche
giorno dopo la partenza di Danyĕħl, decisi di seguire il suo consiglio e partii
verso le Terre del Sud alla ricerca di nuove reliquie. E dopo tanti giorni di
viaggio in solitario, mentre mi riposavo su un costone di roccia che si
affacciava sul grande mare, d’improvviso udii l’eco di un
canto lontano accompagnato da una melodia triste, le cui parole erano incomprensibili.
Sembravano dei canti antichi. Pervaso da una strana e immensa curiosità, presi
la bisaccia, raccolsi la mia roba e cercai di seguire i suoni fino alla fonte.
Ero come ipnotizzato da quel canto. Abbandonai la costa e mi addentrai nel
deserto senza pensare di essere in pericolo e di finire nella trappola di
qualche demone. Più camminavo nel deserto e più il suono diventava forte e
nitido fin quando, al calar del sole, dietro ad una grossa duna, riuscii a
scorgere un piccolo accampamento di tende.
Stavo per avanzare
silenziosamente quando sentii una voce alle mie spalle. Solo in quel momento
capii di essere stato uno stolto ad essermi avventurato nel deserto senza
pensare che da anni era diventato la terra dei demoni. Avevo il cuore in gola,
non sapevo cosa fare. La voce mi ordinò di voltarmi, così, dopo qualche altro
attimo di esitazione, obbedii.
Avevano i volti coperti da grandi
maschere demoniache, ma le loro mani e i loro piedi appartenevano a degli
umani, così cercai di tranquillizzarmi. Subito mi privarono delle mie cose e mi
condussero al loro accampamento. Non opposi resistenza.
I guerrieri che mi avevano
trovato mi scortarono fino alla tenda più grande di tutte. Lì ebbi modo di
notare che l’ingresso era sorvegliato da due guardie, e che questi non
indossavano la maschera. Avevano uno sguardo penetrante e delle armi enormi.
Attraversato l’ingresso, la
musica che mi aveva suggestionato si interruppe immediatamente. Raggiungemmo
uno spazio ampio della tenda che faceva da atrio a una zona più piccola che
veniva separata da una tenda sottile e colorata di rosso.
«Chi
sei straniero? Cosa ci facevi ai bordi del nostro campo?» mi domandò un’ombra
che comparve dietro la tenda.
Con
mio stupore riuscii solo a pronunciare qualche parola sconnessa. Poi il mio
sguardo fu catturato dai miei guardiani che si inginocchiarono levandosi le
maschere. Erano tutte donne.
Poco
dopo la tenda si aprì ed entrò un ragazzo, forse della mia stessa età, tutto
ornato da vesti pregiate e dalla corona. Intuii che doveva essere il loro re o
il capo tribù.
«Il
destino ha voluto farti conoscere il popolo degli Kew-Akon» disse una voce piena.
Senza rispondere mi inginocchiai,
ma lui fece un cenno con le mani indicandomi di alzarmi.
Come mi alzai dissi che non era
stato il destino ma i loro canti che mi avevano attirato a loro.
Ed egli mi rispose: «Straniero, quei canti servono
a propiziare l’arrivo degli spiriti per cacciare via i demoni delle nostre terre».
Con
un po’ di timore gli risposi che gli spiriti avrebbero presto mandato un loro
guerriero per uccidere i demoni.
«Quindi
conosci gli spiriti? Sei uno stregone?» mi domandò stupito.
«Sono
uno studioso di pergamene e vengo da lontano. Nelle mie terre il guerriero
degli spiriti ci sta liberando dalle forze demoniache» risposi vagamente,
cercando di non portare troppo entusiasmo.
«Bene»
rispose con soddisfazione. «Canteremo più forte così che possa sentire il
nostro aiuto e liberarci per primi».
Subito
dopo le guardie uscirono dalla tenda, i canti ripresero
sempre più forti, poi entrammo in una piccola tenda e iniziai a conversare con il capo Kaus. Per tutta la
notte lo ascoltai e appresi molte storie e leggende su di loro e sui loro
spostamenti per sfuggire ai demoni. La loro era una grande tribù che aveva
eretto Kisora, la più antica città delle terre del sud. Poi l’arrivo dei demoni
fantasma li ha resi nomadi.
Tra
le tante leggende, fui colpito da quella sulla pergamena del coraggio: parlava
di una prova interiore e fisica, una sorta di passaggio da bambino ad adulto.
Il mio punto debole era sempre stato il coraggio, anche quando trovai il libro
degli gnomi ebbi molte difficoltà, così decisi di chiedere di superare quella
prova. Kaus apprese la mia richiesta con molta gioia e immediatamente mi fece visitare
l’accampamento fino a che entrammo in una tenda molto particolare. Ecco che
all’interno vi trovai numerosi vasi che emettevano un fumo denso e inebriante. Kaus mi fece inginocchiare al centro
del cerchio, mentre sei donne mi roteavano intorno cantando una preghiera
incomprensibile. Col passare del tempo gli occhi si facevano sempre più pensati
e la voce del capo tribù diventava sempre più ovattata. Improvvisamente mi
accasciai al suolo e mi ritrovai in una grotta buia.
Feci qualche passo in avanti e
vidi qualcosa muoversi nel buio. Era terrificante. Il mio cuore batteva
fortissimo quasi mi saliva in gola. Non sapevo cosa fare così mi feci coraggio
e andai avanti. Poco dopo entrai in una grotta ancora più grande e scoprii una
pianta imponente. Era carnivora e le sue fauci erano pronte a uccidermi. Mi
guardai intorno e vidi i cadaveri di altri esseri che avevano tentato la prova
del coraggio. Decisi di strappare la spada ad un cadavere, fiancheggiai il muro
molto lentamente, evitando che i tentacoli di quel mostro potessero catturarmi.
Quando mi chinai per impugnare la lama vidi il baule della pergamena sotto le
radici di quella pianta carnivora. Non c’era verso. Avrei dovuta ucciderla.
Raccolsi anche un rosso pezzo di legno e lo lanciai come una grossa lancia. La
pianta carnivora si avventò contro di me, ma con un grosso balzo mi gettai
sulla mia destra, roteai per terra e con la spada gli tagliai due tentacoli.
Una volta sotto le radici, sferrai un fendente dritto al centro delle sue fauci
tagliando in due la sua lingua viscida e velenosa. La pianta crollò in terra e
iniziai subito a tagliare le radici per liberare la pergamena.
Quando ebbi la pergamena tra le
mani mi risvegliai nella tenda. Ero solo e i vasi non emettevano più fumo. Mi
alzai tutto dolorante e lentamente mi affacciai fuori. Era l’alba.
Rimasi nell’accampamento dei Kew-Akon per molto tempo e mi
sembrò essere infinito. Un giorno, decisi che era giunto il momento di fare ritorno
a casa e il capo tribù prima di partire mi donò la preziosa pergamena del
coraggio. Kaus mi chiese di
costudirla con amore e dedizione.
«Hai
mai più ritrovato Kaus e la sua tribù?» chiese incuriosita Tala.
«No,
purtroppo. Feci molti viaggi in quelle zone. Andai anche alla ricerca della
città di Kisora. Ma non trovai nessuno, tranne una maledizione» rispose
sospirando.
«Già
prima avevi accennato alla maledizione? Che ti è successo?»
«Piccola
mia, questa è un’altra storia. Perciò papà è qui» intervenne una voce maschile
da dietro.
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